Due romani su dieci che tornano a sfogliare libri e ad acquistarli lasciando intravedere un spiraglio: la fine per le librerie indipendenti è ancora lontana. E saranno pure diverse le ragioni che negli ultimi due anni hanno visto tornare a crescere la quota di lettori, pure tra i giovanissimi.
A Roma c’è più dell’11% delle librerie indipendenti nazionali. Si tratta di un paniere di 349 punti vendita che sale a 436 considerata l’intera Regione, producono lavoro con più di mille dipendenti e, a poco a poco, stanno risalendo la china dei mancati incassi e degli scarsi consumi. E molti contro la crisi, organizzano incontri e corsi.
Di fatto l’andamento del mercato, pur penalizzato negli ultimi dieci anni dall’e-commerce, si sta riprendendo. A fatica, ma al netto di alcune storiche chiusure c’è uno zoccolo duro di librai che va avanti.
I dati sono stati elaborati nell’ottica del progetto di Confcommercio Roma “Librerie: focal point di sviluppo culturale”, promosso da ALI Roma, realizzato con il contributo della Camera di Commercio di Roma e grazie alla collaborazione dei partner tecnici SIMPOSIO e SINKRONIE.
«Il libraio è colui che per natura non si arrende mai», commenta Ilaria Milana, Presidente dell’Associazione librai italiani della Confcommercio Roma. Ed è anche per questo che proprio l’associazione ha deciso di formare i librai con corsi per l’uso delle nuove tecnologie in forma gratuita. «Le librerie – prosegue la Milana – generano un valore e dobbiamo trovare il modo adatto perché questo valore diventi anche valore economico. L’ambizione, attenzione, non è quella di arricchirsi quanto più quella di tutelare quella diffusione culturale che circola anche grazie a queste realtà». Lo diceva bene Sciascia: «Il libro è una cosa: lo puoi mettere sul tavolo e guardarlo ma se lo apri e lo leggi diventa un mondo».